Non preoccuparti e non agitarti... occupati di ciò che è necessario e agisci

"Prima di tutto conta mettersi in ascolto di Dio e della sua Parola. Poi, molto poi, si può agire ed operare (non agitarsi e preoccuparsi) in pace, per la gloria di Dio e il bene dei nostri fratelli"



Omelia di Don Leonardo Maria Pompei, Sedicesima domenica del tempo ordinario, anno C
Letture: Gn 18, 1-10; Sal 14; Col 1, 24-28; Lc 10, 38-42

“Padre sapiente e misericordioso, donaci un cuore umile e mite, per ascoltare la parola del tuo Figlio che ancora risuona nella Chiesa, radunata nel suo nome, e per accoglierlo e servirlo come ospite nella persona dei nostri fratelli”. Sono queste le parole dell’orazione colletta dell’anno C della sedicesima domenica del tempo ordinario e, come sovente accade in questi testi eucologici, esse racchiudono in poche battute il senso e il cuore della liturgia del giorno. Abramo ricevette la visita “del Signore” attraverso i tre misteriosi uomini (in cui molti interpreti videro una figura della Santissima Trinità) ai quali si preoccupò di offrire quanto necessario al benessere corporale, ricevendone in cambio la conferma che il figlio divinamente promesso a Sara (ormai in età avanzata) sarebbe miracolosamente nato entro un anno (prima lettura). Marta e Maria ricevettero la visita di nostro Signore Gesù Cristo in persona e mentre la prima era assai occupata per preparare quanto necessario a rifocillare Gesù, Maria preferì stendersi ai suoi piedi in ascolto della sua parola. Gesù lodò l’atteggiamento della seconda e rettificò le pur buone intenzioni della prima (Vangelo).
Il cuore della liturgia della parola è dunque la visita del Signore e le grazie che essa apporta a chi lo accoglie. Un messaggio - neanche troppo sottinteso - è chiaro: la prima cosa di cui occuparsi non è tanto il fare, quanto l’essere, non il servire ma il “farsi servire” da Colui che prima di chiedere anzitutto vuole dare e molto di più di quanto noi stessi possiamo chiedere, desiderare o immaginarci. Un atteggiamento decisamente in controtendenza rispetto all’odierno pensiero dominante (che non risparmia, talora, anche certi ambienti di Chiesa) dove sembra che tutto lo sforzo, l’impegno e le risorse debbano essere polarizzate e concentrate nel servizio, nel “fare”, nell’operare, senza dubbio per ottime finalità ed eccellenti intenzioni, ma non sempre tenendo presente il debito ordine, la necessaria proporzione e quella gerarchia di priorità che mai si deve smarrire. Infatti, come tutti i grandi santi e le grandi sante ci hanno insegnato (anche quelli maggiormente impegnati nei campi di apostolato molto attivo) prima e al di sopra di tutto ci deve essere una vita capace di essere in profondo rapporto con Dio. Prima di dare occorre ricevere, prima di darsi occorre riempirsi, prima di parlare occorre ascoltare, prima di governare bisogna obbedire. Ci si può e talora ci si deve prodigare, anche molto, a beneficio del prossimo e delle sue necessità. Senza però mai dimenticare che senza il “carburante spirituale” non solo le forze vengono meno, ma anche l’azione apostolica e/o caritativa rischia di essere un turbinoso “affannarsi e agitarsi” anziché un sereno - anche se solerte e sollecito - operare e agire. Non si tratta di quisquilie o sottigliezze. Chiunque abbia un minimo di esperienza pastorale nelle parrocchie, nelle associazioni e nei gruppi, sa bene quanto l’esortazione di Gesù a Marta sia sempre vera, attuale e, spesso, urgente. Prima occorre ascoltare e ricevere dalla pienezza del Signore “grazia su grazia” (cf Gv 1,16); poi, come Egli stesso in altra pagina del Vangelo raccomanda, quello che “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). 
Qualche rapida considerazione sulla seconda lettura, che ci fa comprendere un’opera del tutto particolare e di basilare importanza che ogni discepolo (e ancor più gli apostoli) deve compiere: l’offerta delle proprie croci e sofferenze, nella consapevolezza che ciò “porta a compimento” e completa “ciò che ai patimenti di Cristo manca nella nostra carne”. Noi siamo membra del corpo mistico di Cristo e le sofferenze di ogni cristiano sono fatte proprie dal Capo. Gesù non fa nulla senza la Chiesa e prima di qualunque azione (apostolica e caritativa) chiede ai suoi di partecipare alla cosa più santificante che si possa fare per il prossimo: offrire e offrirsi per il suo bene e la sua salvezza. Quest’opera non è vista generalmente da nessuno, se non da Dio solo. Ma la sua importanza supera qualunque opera esterna, perché ne è l’unica condizione e garanzia di successo ed efficacia. Non dimentichiamolo mai.


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