Gesù rimane sempre con noi

"Come scendendo in terra non abbandonò la dimora della Santissima Trinità, così ascendendo in Cielo Gesù non ci ha abbandonato, ma vive sempre nel cuore di chi lo ama e nella sua Chiesa"




Don Leonardo M. Pompei, Solennità dell'Ascensione, anno A
Letture: At 1,1-11; Sal 46; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20

«Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo? Come l’avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà». Con queste parole si conclude la prima lettura dell’odierna solennità dell’Ascensione e con esse si viene anche introdotti alla sua celebrazione tramite l’antifona d’ingresso. Oggi si celebra, infatti, al tempo stesso il termine della missione storica e temporale del Figlio di Dio, l’inizio della missione evangelizzatrice della Chiesa e l’attesa del ritorno di Gesù nella gloria, quando sarà messa la parola “fine” al corso della storia terrena ed il regno di Dio sarà definitivamente instaurato, con tutti gli eletti, nella celeste Gerusalemme. Tutte le letture di oggi si muovono in questa direzione mostrandoci, per l’appunto, anzitutto il fatto - ovviamente vero e storico - dell’Ascensione del Signore insieme ai suoi principali significati e alle sue implicanze. 
La prima lettura ci mostra l’inizio degli Atti degli Apostoli che è un’evidente e chiara prosecuzione di quanto già san Luca scrisse nei Vangeli, come egli stesso - citando il medesimo “Teofilo” menzionato all’inizio del terzo Vangelo (Lc 1,3) - limpidamente afferma proprio nell’incipit. Il Vangelo è ciò che Gesù fece e insegnò, culminante nel mistero pasquale, di cui l’ultimo e supremo atto fu appunto l’Ascensione; gli Atti degli Apostoli si possono definire il libro della Chiesa, che ci mostrano la sua missione in obbedienza alle “disposizioni” del Signore, l’inizio della sua opera evangelizzatrice, con quel “passaggio del testimone” avvenuto attraverso i distinti eventi dell’Ascensione e della Pentecoste, intervallati solo da dieci giorni di fervorosa e intensa preparazione. È molto interessante la risposta che il Signore dà alla domanda - di curiosità - di alcuni dei suoi, circa l’eventualità che fosse arrivato il tempo in cui avrebbe ricostruito il regno di Israele. In questa risposta c’è un monito per molti che fanno al Signore (o si fanno) domande inopportune, non necessarie e volte solo a indagare curiosamente i divini segreti e i divini misteri, finendo inesorabilmente col trascurare ciò che è l’unica cosa saggia da fare in questo mondo, ossia compiere alacremente il proprio dovere in un’osservanza perfettissima della volontà di Dio, che per gli apostoli e i discepoli consisteva semplicemente nell’essere testimoni del Risorto fino ai confini della terra, una volta ricevuta la forza e l’unzione dallo Spirito Santo.
San Paolo, nell’epistola, auspica che il Padre ci faccia rendere conto dell’inestimabile dono che ci ha fatto col chiamarci alla fede e alla vita cristiana. Non c’è grazia più grande di avere questo contatto chiaro, esplicito, diretto ed efficace con l’opera della salvezza realizzata in Cristo dal Padre. Quanti sono, oggi, tra i cattolici, coloro che si rendono conto della straordinaria grazia ricevuta col Battesimo, grazia di fatto riservata ad una minoranza dell’umanità oggi presente sulla faccia della terra e che dovrebbe riempirci di una gratitudine senza fine oltre che di un immenso giubilo? Noi seguiamo e adoriamo il Risorto, Colui il cui nome è al di sopra di tutto e di tutti, sotto il cui piede e impero si trova ogni cosa. Quale gioia non dovrebbe contraddistinguere un cristiano cosciente di tanta grazia e tali doni?

La pagina evangelica ci mostra la conclusione del Vangelo di san Matteo, ossia il mandato di Gesù agli undici di annunciare il Vangelo, amministrare i sacramenti e insegnare a vivere secondo i comandamenti, incarichi che costituiscono la peculiarità assolutamente principale e irrinunciabile, anzi la stessa ragion d’essere della Chiesa. Gesù inoltre promette, nonostante il suo allontanamento sensibile, una presenza continua ed ininterrotta tra i suoi e con i suoi. Tale promessa la vediamo perfettamente compiuta soprattutto nel suo dimorare incessantemente in mezzo ai suoi figli nei Tabernacoli. Una presenza che chiede a noi di essere conosciuta e riconosciuta, accolta, valorizzata e, soprattutto, ricambiata. Il triste spettacolo delle Chiese vuote e dei Tabernacoli abbandonati non dovrebbe mai vedersi ed è una triste spia di quanto poco ancora ci rendiamo conto della Grazia immensa ricevuta attraverso il dono di Cristo e della Chiesa, dal Padre. Preghiamo che gli auspici dell’Apostolo delle genti si compiano facendosi realtà viva e percepibile nella fede e nell’amore effettivo ed affettivo di tutti i fedeli nei confronti di Colui che è tornato alla destra del Padre ma senza cessare di rimanere con noi, così come era disceso dal Cielo con l’incarnazione senza tuttavia mai lasciare la sua eterna, gloriosa e indivisibile dimora nel seno della Santissima Trinità.

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