La nascita dell’unico Salvatore del mondo

“Gesù aspetta cuori aperti e spalancati pronti ad accoglierlo col fuoco dell’amore”


Omelia di Don Leonardo M. Pompei, Natale 2019, Messa del giorno
Letture: Is 52,7-10; Sal 97; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18 

“È nato per noi un bambino, un figlio ci è stato donato: egli avrà sulle spalle il dominio, consigliere ammirabile sarà il suo nome”. Con queste parole dell’antifona di ingresso, tolte dal libro del profeta Isaia, la santa Madre Chiesa introduce i suoi figli dentro la splendida e adorabile liturgia del santo Natale, celebrazione che più che essere commentata dovrebbe essere contemplata, più che essere presentata dovrebbe essere interiorizzata, più che essere ricordata dovrebbe essere davvero vissuta, come autentico memoriale che, celebrando un fatto passato lo rende attuale, vivo e presente qui ed ora nonché significativo, anzi fondante e decisivo per la vita di ogni credente.
Isaia mostra la bellezza dei piedi dei messaggeri che annunziano la pace - immagine di tutti i grandi predicatori di Cristo e del suo Vangelo - con le sentinelle che alzano la voce ed esultano, vedendo finalmente il Signore tornare ad essere il Dio del popolo eletto - immagine dei vescovi della Chiesa (vescovo in greco si dice “episcopos”, ossia etimologicamente “sentinella”) la cui gioia più grande, anzi la loro stessa ragion d’essere capi e pastori è quella di vedere Cristo tornare a regnare in tutti i cuori. Non dunque semplicemente un annuncio di un fatto antico e passato che oggi commemoriamo (per la verità, purtroppo, sempre di meno e anche sempre peggio…) ma la possibilità di un rinnovato incontro con Colui che come principe di pace aspetta solo di trovare cuori aperti e spalancati pronti ad accoglierlo con il fuoco dell’amore e non con il gelo che gli fu riservato il giorno della sua nascita storica sulla terra.
Chi è Colui che oggi è nato? La lettera agli Ebrei e il Vangelo, con stili e accenti differenti, ma convergenti verso la certezza di fede sull’identità vera e profonda di quel Bambino, ce lo rivelano e svelano. Gesù è “irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza”, ossia, come ogni domenica recitiamo nel Credo “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero”. Gesù è il “Verbo che non solo in principio era presso Dio, ma era (ed è) Dio stesso”, ossia la seconda persona della Santissima Trinità, Colui per mezzo del quale - come di nuovo affermiamo nel Credo - tutte le cose sono state create. È la luce divina che splende tra le tenebre del mondo, che non possono vincerla, anche se cercano, fomentate dal principe delle tenebre stesse, di offuscarne lo splendore, di oscurarne la maestà, di distruggerne il culto e, se possibile, perfino il ricordo. Dinanzi a questo evento non si può rimanere neutrali: o non si riconosce quel Bambino come tale e quindi non si accoglie il Neonato divino per quello che Lui realmente è, oppure lo si accoglie e, immediatamente, si partecipa della sua dignità, della sua regalità, della sua potenza salvifica: si diventa veramente figli di Dio e, come Lui vuole, si comincia a vivere una vita di grazia nella verità.
Sono circa duemila anni che la celebrazione del Natale risuona nel mondo. Oggi cade in un contesto sociale, culturale e religioso di tenebre alquanto fitte e di tentativi più o meno manifesti (spesso vigliaccamente subdoli) di dimenticare il Natale, o di ridurlo a semplice occasione di festa, regali, cene e giochi vari, o addirittura di trasformarlo in altro. Per i figli di Dio degni di questo nome, per i figli della sua Chiesa una e santa, il Natale resterà sempre e solo la celebrazione della nascita al mondo dell’unico Salvatore. Colui che si è fatto come noi per farci come Lui. Colui che, poverissimo, tutto viene a donare senza nulla prendere o togliere, salvo le uniche cose a cui tiene: le nostre anime e il nostro amore. Le uniche culle in cui può essere scaldato dal freddo e dal gelo di ieri e di oggi.

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