La manifestazione della Divinità di Gesù

“La fede cattolica si fonda sulla professione risoluta e assoluta che 
Gesù è vero Dio e Salvatore universale”.




Omelia di Don Leonardo M. Pompei, Solennità dell'Epifania del Signore, 6 Gennaio 2020
Letture: Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12

Il Natale ha celebrato il grande mistero della nascita al mondo del Dio fatto uomo. Un mistero ammantato di assoluta ordinarietà, compiutosi nel silenzio e quasi nel più totale segreto, senza clamori e, soprattutto, senza alcuna dimostrazione - tanto meno strepitosa o eclatante - che dietro gli occhi di quel Bambino c’era lo sguardo di Dio in persona, che nascosta sotto la totale debolezza di un infante c’era la divina onnipotenza, che celato dietro un bimbo che ancora non parla c’era la Parola coeterna al Padre che con un solo “Fiat” diede origine a tutto ciò che è. L’incarnazione avvenne perché, attraverso la fede, noi - superando la barriera di ciò che appare ai sensi - potessimo riconoscere la vera identità di quel Bambino ed accoglierlo come unico Salvatore nostro e del mondo intero.
La solennità dell’Epifania, verso cui tende come un culmine il tempo di Natale, è proprio la celebrazione del riconoscimento di tale mistero nella sua profonda e nascosta verità. Attraverso i gesti di adorazione dei Magi, avvenuti al termine di un lungo “pellegrinaggio della fede”, si manifesta la natura divina del Bambino riconosciuta come tale dagli uomini. Essa non avrebbe mancato di proporsi alla fede umana attraverso altre due forme, ugualmente importanti: quella simbolica della discesa dello Spirito Santo in forma visibile di colomba con contestuale attestazione da parte di Dio Padre della divina paternità in occasione del Battesimo del Signore (cf Mt 17,5 e Mc 9,7); e quella attestata dal compimento dei miracoli da parte di nostro Signore Gesù Cristo, a partire dalle nozze di Cana (cf Gv 2,1 ss) per culminare nell’evento della risurrezione. 
La divinità di Gesù, pertanto, si manifesta (da qui il termine “Epifania”, che significa per l’appunto “manifestazione”) in queste tre forme. Anzitutto, come nell’odierna liturgia, attraverso la testimonianza da parte degli uomini, che lo adorano mossi interiormente dalla fede e dalla grazia (san Paolo scriverà che “nessuno può dire: Gesù è il Signore, se non sotto l’azione dello Spirito Santo”, 1 Cor 12,3). Poi la testimonianza da parte delle altre Due Persone della Santissima Trinità: la parola del Padre, che attesta la divinità del Figlio non solo in occasione del Battesimo, ma anche nell’episodio della trasfigurazione (cf Mt 17,1ss e Mc 9,2ss) e, nell’imminenza della Passione, con la voce che fece udire da tutti in occasione di uno degli ultimi discorsi di Gesù, come si legge nel Vangelo di san Giovanni (“Ora l`anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest`ora? Ma per questo sono giunto a quest`ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: "L`ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!”, Gv 12,27-28); e la silenziosa ma eloquente testimonianza simbolica dello Spirito, visto scendere su Gesù in forma corporea di colomba in occasione del suo battesimo (cf Mt 3,16; Lc 3,22; Gv 1,33). Infine la testimonianza da parte delle “opere che il Padre diede da compiere a Gesù” (Gv 5,36), ossia i miracoli, “segni” che attestano la sua vera natura divina operante in quella umana. Non è certamente casuale che in Oriente il “ciclo dell’Epifania” preveda sempre un’unica celebrazione distinta in tre momenti (adorazione dei Magi, Battesimo del Signore e Nozze di Cana, ossia primo miracolo di Gesù), come del resto anche nel ciclo C dell’attuale ordinamento liturgico della Chiesa latina.
Inutile dire che l’esplicito, fermo e risoluto riconoscimento della vera divinità di Cristo è ciò che rappresenta la quintessenza e il pilastro della fede divina e cattolica. Molti stimano nostro Signore come un grandissimo uomo, un grandissimo profeta, un grande maestro, un antesignano della non violenza, un grande costruttore di pace. Tutte cose certamente belle e vere. Ma Gesù è prima e anzitutto il Figlio di Dio fatto uomo. Colui che come tale deve essere riconosciuto e accolto. Nel cuore ed anche esternamente, come i gesti dei Magi continuano ad attestare nella loro esplicita e coraggiosa eloquenza. Nessuno può essere costretto a riconoscerlo per quello che è; ma chi come tale lo riconosce, non deve mai avere paura di testimoniarlo con convinzione e gioia, ritenendosi onorato di potergli rendere, con santa fierezza e senza alcuna vergogna o reticenza, la propria adorazione e il proprio culto.

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