La molteplice azione dello Spirito Santo nella Chiesa

"I doni ordinari e straordinari che lo Spirito Santo ha dato alla Chiesa per lo svolgimento della sua missione. L'azione che Egli svolge nel cuore di ogni battezzato"


Don Leonardo M. Pompei, Solennità di Pentecoste, anno A
Letture: At 2,1-11; Sal 103; 1 Cor 12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23

Con il giorno di Pentecoste, il cui evento ci è presentato dall’odierna liturgia nella prima lettura, si compie definitivamente il “passaggio del testimone” dalla missione terrena di Cristo a quella della sua Chiesa, che altro non è (e deve essere) che il prolungamento storico di quella del suo Capo, Maestro e Signore. Dieci giorni trascorsero tra l’ultimo atto della vita terrena di Gesù e il primo atto pubblico ufficiale della Chiesa, investita e abilitata dallo Spirito Santo al compimento della sua missione, consegnatagli da Gesù in persona, di annunciare il suo Vangelo e portare la sua salvezza fino agli estremi confini della terra.
Lo Spirito Santo si comunicò agli apostoli come fuoco, preceduto da “un fragore” (o “rombo”) e da un “vento impetuoso”. Il fragore rimanda al rombo della voce di Dio che fa rumoreggiare le acque del cielo (cf Ger 51,16), come appare dal medesimo termine greco ricorrente in questo testo; mentre il “vento impetuoso” allude chiaramente all’accostamento tra lo Spirito e il vento formulato dallo stesso Signore nel discorso con Nicodemo (cf Gv 3,8). Quando lo Spirito scende, in altre parole, provoca un santo scuotimento interiore e spazza via tutto ciò che in ogni modo o forma ci impedisce di essere e rimanere in un’autentica e santa relazione con l’Altissimo. A queste operazioni propedeutiche, seguì immediata la discesa del fuoco, a significare la luce della verità che lo Spirito infonde, la forza e il fuoco dell’amore che trasmette e la continua e incessante opera di purificazione e raffinazione che Egli opera nelle anime, certamente santificate dalla sua presenza e azione ma sempre bisognose di purificazione fino a quando si troveranno in cammino verso la Patria eterna. Oltre che tale azione santificante, lo Spirito effuse un primo carisma straordinario per la necessità di sigillare e confermare il primo annunzio del Vangelo: dare al linguaggio degli apostoli - che annunciavano le grandi opere di Dio - la capacità di essere compreso (nell’idioma nativo) da membri di varie etnie. Anche questo segno straordinario, certamente voleva prefigurare in nuce il fatto che il Vangelo sarebbe stato annunziato e compreso in tutte le lingue del mondo. 
La seconda lettura ricorda la molteplice azione santificante ordinaria e straordinaria dello Spirito Santo, che si esplica nella pluralità di carismi, ministeri e attività, di cui si alimenta la vita della Chiesa, da vivere e da praticarsi sempre nella piena unità e comunione, che è sempre il sigillo di autenticazione di qualunque carisma, ministero e attività che voglia dirsi ecclesiale. Tale unità è limpidamente espressa dal mistero della Chiesa in quanto corpo (mistico) di Cristo, in cui necessariamente la particolarità e singolarità di ogni organo e membro converge verso l’unità del corpo e svolge la sua funzione sempre e solo nel contesto di tale unità e rispondendo a impulsi e comandi provenienti dal Capo, ossia da Cristo stesso. Molto ci sarebbe da meditare su queste poche parole dell’Apostolo per comprendere bene la duplice dimensione della pluralità e dell’unità presenti nella Chiesa (che non devono mai pendere negli opposti eccessi di un pluralismo autoreferenziale o di una uniformità ipertrofica che mortifica la ricchezza della diversità).
Nel Vangelo rileggiamo, con gioia, quanto la liturgia della Chiesa già ci aveva proposto nella Domenica in albis, ossia quella sorta di “prima comunicazione dello Spirito” trasmessa agli Undici da Gesù in persona la sera di Pasqua, che può essere letto come il primo atto di quella “trasmissione del testimone” compiutasi definitivamente il giorno di Pentecoste. In quella sera Gesù, alitando sugli Undici, conferì loro l’effetto principale dell’opera della Redenzione da Lui appena compiuta, consistente nella remissione dei peccati e del potere (e dovere) degli apostoli di esercitare tale potestà in suo nome. Con la Pentecoste potremmo dire che tutta la “dotazione” necessaria per il compimento della missione apostolica fu comunicata in pienezza dallo Spirito, perché si potesse “uscire allo scoperto” e ricominciare da dove aveva finito Gesù. Lui ha fatto (egregiamente) la sua parte. Ora tocca alla Chiesa, ossia a tutti i battezzati. Lo Spirito le ha dato e le dà tutti i mezzi necessari per compiere la missione. Sta ai suoi membri accoglierli, valorizzarli e usarli in modo retto e santo. Quanto più si farà questo, tanto più la Chiesa brillerà della luce del suo Signore e porterà a egregio compimento la sua missione di essere Madre e Maestra dell’umanità intera redenta dal sangue del suo Signore. 

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