Dio può tutto ciò che vuole, ma non vuole tutto ciò che può

Dio sa sempre quello che fa. Lasciamolo fare, senza osare mai giudicarlo


Don Leonardo M. Pompei, XVI Domenica del tempo ordinario, anno A

Letture: Sap 12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43



“Dio può tutto ciò che vuole ma non vuole tutto ciò che può”. Queste parole sono la descrizione del grande e importantissimo messaggio che la liturgia di questa sedicesima domenica del tempo ordinario intende proporre ai fedeli, sullo sfondo del quale si trova il grande e annoso interrogativo dell’uomo: “da dove viene il male? E perché Dio, pur potendo, non lo impedisce?”.

Lo splendido brano del libro della Sapienza inizia subito affermando che Dio non deve affatto difendersi dall’accusa di essere ingiusto, perché ciò che Egli fa è solo e soltanto “avere cura di tutte le cose”. Il male non è da Lui né voluto, né provocato, né benedetto, né avallato, né approvato, ma solo tollerato. Il male non ha tutto il potere distruttivo che vorrebbe sprigionare: Dio lo permette (tollerandolo) solo in piccola parte anzitutto per rispetto della libertà delle creature; inoltre perché da esso sa sempre trarre il bene; ed infine per dare tempo alla cattiva volontà delle creature di umane - che è l’origine unica, insieme alle volontà irreversibilmente depravate degli angeli decaduti, di ogni forma di male esistente - di pentirsi, convertirsi, smettere di fare il male, cominciare a fare il bene e, in questo modo, scampare dall’eterna dannazione e dall’irreversibile confermazione della volontà nel male che si verifica solo dopo la morte corporale. “Quando tu vuoi, eserciti il potere”, sentenzia la medesima prima lettura, non senza ricordare che Dio è “il padrone della forza” e, se volesse, niente e nessuno potrebbe ad essa opporsi. Il fatto è che Dio usa la forza secondo la sua intelligenza e bontà perfette e assolute, ossia solo quando ciò è necessario, utile e opportuno e solo quando ciò è cosa buona, da farsi e non più procrastinabile per impedire mali peggiori.

La parabola evangelica della zizzania non fa altro che approfondire alcuni dei punti chiave che motivano la permissione del male da parte di Dio e introdurre qualche ulteriore prospettiva di riflessione. Anzitutto viene ribadito il rispetto della libertà delle creature che da se stesse si sono rese malvagie, unitamente alla rincuorante promessa che verrà il giorno in cui il male cesserà di poter nuocere, i malvagi saranno separati dai buoni e non si dovrà più patire per la cattiveria e l’empietà degli operatori di iniquità. Vengono poi esternati alcuni importanti e focali principi di sapienza. Il primo riguarda l’inopportunità di certi interventi drastici che corrono il rischio, come noi comunemente diciamo nel popolar proverbio, di “buttare via l’acqua sporca col bambino”. A volte non è possibile intervenire per eliminare subito e repentinamente un male perché si produrrebbe il danno (non accettabile) di nuocere a chi è buono. Per questo motivo anche la Chiesa, nella sua sapienza, istruita dal suo Signore ha sempre insegnato che, ferma restando la condanna del male in tutte le sue forme, in certi casi è lecito (o volte addirittura necessario) tollerare (si badi bene al verbo utilizzato) qualche male proprio quando rimuoverlo nell’immediato scatenerebbe dei mali peggiori di quegli stessi che si vorrebbero sradicare; e tale principio è alla base di non poche sofferte ma necessarie decisioni dei pastori della Chiesa. Il secondo riguarda il valore e l’importanza della pazienza e il fatto che, per accidens, l’azione dei malvagi può giovare alla santificazione dei buoni. Paradossalmente (e lo vedremo bene, a Dio piacendo, in Paradiso), nel giudizio finale il diavolo e tutti i suoi collaboratori (angelici e umani) dovranno umiliarsi riconoscendo che la loro cattiveria ha contribuito (e non poco) alla santificazione dei buoni, nel senso che ha dato ad essi l’occasione di esercitare innumerevoli virtù, non di rado in grado eroico. Anche questo è punto da tenere ben presente per comprendere quel poco che ci è dato di percepire della tolleranza divina verso i mali presenti. Molte sono, infatti, le cose che non sappiamo (e che non è necessario sapere, motivo per cui Dio non le ha rivelate). Spesso (ce lo ricorda il breve brano dell’epistola) non sappiamo neppure pregare in modo conveniente e in questo caso ci viene in soccorso l’azione dello Spirito Santo. Quando invece non comprendiamo le opere di Dio, può essere utile rammentare le parole con cui abbiamo introdotto queste riflessioni: “Dio può tutto ciò che vuole, ma non vuole tutto ciò che può”. Perché non tutto ciò che potrebbe, sarebbe bene (anche se a noi così parrebbe); e Dio quando opera lo fa sempre solo in vista del bene, di tutto il bene e del sommo bene. Lasciamolo fare, senza mai osare giudicare i suoi decreti e credendo senza dubbio alcuno che tutto ciò che Egli vuole o permette è sempre per un bene che non conosciamo e mai fuori del suo divino e invincibile controllo.

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