La potenza santificante della Parola di Dio

Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti



Don Leonardo M. Pompei, XV Domenica del tempo ordinario, anno A
Letture:  Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

“Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché io portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti” (Ger 15,16). Questo splendido versetto tratto dal libro del profeta Geremia non fa parte della liturgia di questa quindicesima domenica del tempo ordinario dell’anno A, ma ne sintetizza mirabilmente e splendidamente il messaggio e il contenuto essenziale. Questa Domenica potremmo chiamarla “la Domenica della Parola di Dio”, anche in ricordo della domenica ad essa dedicata recentemente istituita dal regnante pontefice.

La parola di Dio è e dovrebbe essere oggetto della nostra attenzione, direzione della nostra ricerca, fonte da cui attingere luce e sapienza, strumento per alimentare, corroborare, far crescere la nostra fede, bussola che orienti ogni nostro passo, criterio per calibrare ogni nostra scelta. La Sacra Bibbia non dovrebbe essere solo un libro della nostra biblioteca domestica destinato semplicemente ad essere dimenticato chissà dove o a fare da arredamento, ma un testo da collocare in una zona decorosa, visibile e dignitosa della nostra casa, anzi addirittura intronizzata nel cuore di essa e destinata ad essere frequentemente letta, meditata, “ruminata”, compresa e messa in pratica. Essa, come ci rammenta il profeta Isaia, ha una sua intrinseca fecondità e capacità rigenerante; ma ha bisogno, come la pioggia che cade dal cielo, di una terra che la accolga. La pioggia, infatti, irriga, feconda e fa germogliare soltanto la terra, non certamente una pietra o una superficie di plastica o di legno. In quella terra c’è l’immagine, poi sviluppata da Gesù nel Vangelo, anzitutto di un cuore disposto ad accoglierla, il che è la cosa prima ed essenziale; tale cuore, peraltro, come Gesù egregiamente spiega nella parabola del seminatore, deve avere le debite disposizioni per favorire l’intrinseca fecondità di essa, rimuovendo tutto ciò che possa ostacolare la misteriosa ma reale e profonda sua azione nelle nostre anime.

Dovremmo anzitutto e previamente ringraziare il Signore di una cosa, assai più grande e importante di quanto comunemente si pensi: il fatto di essere in condizione, se solo lo desideriamo, di poter ascoltare la parola di Dio e l’insegnamento di Gesù in persona (contenuto nei Vangeli). Cose che molti, vissuti in altre epoche storiche (ma anche oggi in culture e condizioni totalmente lontane dal Vangelo), avrebbero assai desiderato ma a cui non fu concessa la grazia di poterlo vivere. Il disprezzo o la semplice ingrata indifferenza dinanzi a un così grande dono è cosa che ferisce non poco il cuore di Dio e non fa per nulla onore all’uomo.

Quando abbiamo la grazia di metterci in ascolto della Parola di Dio, dobbiamo fare attenzione ad alcune comuni tentazioni: quello di un ascolto superficiale e distratto, destinato a non produrre effetto alcuno nella nostra anima, se non quello di dare un po’ di lavoro al diavolo per togliere in fretta e furia anche il benché minimo ricordo di ogni sillaba ascoltata; quello di un ascolto solo emotivo e sentimentale, facile all’entusiasmo ma dimentico che, come in tutte le cose di questa vita, perché qualcosa possa realmente produrre frutti stabili e duraturi, deve essere coltivata con costanza e perseveranza, altrimenti è destinata a cadere nel dimenticatoio; quello, infine, di un ascolto “a metà” o “condizionato”, proprio di quelle persone che vorrebbero a tutti i costi conciliare vangelo e vita mondana, oppure cercano di “aggiustare” ed “annacquare” la Parola di Dio per non rinunciare alle seduzioni degli idoli e agli inganni della ricchezza e sono pertanto destinati ad essere inesorabilmente risucchiati dal gorgo dei vizi e dei piaceri.

La parola produrrà frutto tanto quanto è dilatato e aperto il nostro cuore: la sua fecondità è intrinseca e illimitata ma il “fino a che punto” essa opera e agisce dipende da noi. Ecco perché essa produce a volte il trenta, altre il sessanta e altre ancora il cento: tutto dipende dalla larghezza del nostro cuore. Un santo è colui che ha aperto il cuore alla Parola senza mettere limiti alla Divina Provvidenza e Onnipotenza. E oltre che aver dato grandissima gloria (e gioia) a Dio ha conosciuto cosa significa una vita piena, realizzata e felice anche in questo mondo. Dio ha preparato per tutti una vita meravigliosa e divina: sta a noi accoglierla e non avere mai paura di abbandonarci senza limiti e remore alla prodigiosa e illimitata potenza e fecondità della divina Parola, che ha il potere di seminarla, farla germogliare e crescere nei nostri cuori.


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