Chi accoglie voi, accoglie Me

La nostra salvezza dipende da come accogliamo i doni e gli inviati di Dio



Don Leonardo M. Pompei, XIII Domenica del tempo ordinario, anno A
Letture: 2 Re 4,8-11.14-16a; Sal 88; Rm 6,3-4,8-11; Mt 10,37-42

Il messaggio fondamentale che la Chiesa vuole trasmettere ai suoi figli attraverso la liturgia della Parola di questa tredicesima domenica del tempo ordinario è “accogliere”. Un verbo di uso comune su cui è bene tuttavia fermare l’attenzione, perché è il filo che unisce e sintetizza il senso delle tre odierne letture. 
La facoltosa donna di Sunem accoglieva sempre il profeta Eliseo invitandolo alla sua mensa. Un giorno decise di invitarlo non solo a trascorrere anche la notte, ma addirittura volle preparare ed allestire per lui una camera all’interno della sua stessa casa, perché “l’uomo di Dio”, il “santo”, potesse ritirarvisi ogni volta che si fosse trovato da quelle parti. La sua ricompensa - peraltro non da lei richiesta, ma fortemente voluta in segno di gratitudine da parte del servo di Dio - fu il dono di un figlio, dopo una vita di sterilità e nonostante la veneranda età del marito. 
Gesù avrebbe fatto eco a questo episodio nel Vangelo parlando dell’accoglienza del “profeta” e del “giusto”. Il profeta, nella Sacra Scrittura, non è principalmente uno che predice infallibilmente il futuro, ma chi porta la Parola di Dio nel cui nome parla; il “giusto” è colui che ha adeguato la sua vita alla giustizia divina espressa dai comandamenti ed è pertanto un esempio ed una parola vivente e sommamente eloquente di quella stessa santità divina che il profeta predica. Accogliere questi due grandi doni del Signore (chi ci parla di Lui e chi ci mostra con la vita la sua santità) ci farà ricevere addirittura la stessa loro ricompensa. Gesù parla anche dell’accoglienza dei “piccoli” anzi dei più piccoli e promette ricompensa ad ogni gesto volto a rifocillarli, perfino a quello semplicissimo dell’offrire un bicchiere di acqua fresca. Questo particolare ci fa ricordare che Dio dimentica il peccato quando l’uomo se ne pente, fino a cancellare totalmente la colpa; non dimentica però mai il bene compiuto per ricompensarlo, cosa che infallibilmente fa, in questa o nell’altra vita. Per noi mortali vige il saggio proverbio: “fa’ il male e ricordalo, fa’ il bene e dimenticalo”; per Dio vale il contrario: Egli dimentica il male (di chi si pente) e ricorda il bene (anche quello fatto da chi mai si ricorda di Lui…).
Accoglienza è anche l’atteggiamento da riservare alla Parola di Gesù quando si fa assai impegnativa come nella prima parte dell’odierna pagina evangelica, dove Egli invita ad anteporre a tutto e a tutti l’amore di Lui, con esempi estremamente chiari ed espliciti che coinvolgono gli affetti più profondi della vita, fino al sacrificio della vita stessa per suo amore. Accogliere queste forti parole è atto non semplice; certamente non basta accoglierle per viverle, ma accoglierle è già cosa grande e il primo atto della loro non facile messa in pratica.

Accogliere è inoltre l’atteggiamento da avere nei confronti del dono gratuito per eccellenza e per antonomasia, qual è il Battesimo (seconda lettura). La gratuità assoluta di questo sacramento è limpidamente evidenziata dalla benedetta e sacrosanta prassi della Chiesa cattolica di battezzare i bambini. Il dono del Battesimo è divenire vincitori, con Cristo e in Cristo, della morte e del peccato, che è causa della morte sia del corpo che dello spirito. La riscoperta del dono del Battesimo in vista di una sua accoglienza sempre più profonda nella nostra vita è certamente un’altra importante suggestione che ci offre questa ricca e splendida liturgia. Il battesimo è amministrato principalmente dagli apostoli e dai loro successori, per i quali vale l’ulteriore esortazione di Gesù che volutamente chiude queste riflessioni: “chi accoglie voi, accoglie me e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato”. Molto si potrebbe dire su queste parole. Ci limitiamo a fissarle nei nostri cuori e a ricordare che senza un contatto vero, sincero, autentico e reale con la Chiesa e i suoi ministri - così come sono - non è possibile stabilire un contatto autentico né con Gesù né col Padre che lo ha mandato. Ricordarlo è sempre utile; viverlo è essenziale; non dubitarne nonostante le miserie e inadeguatezze di non pochi figli e talora anche ministri della Chiesa è necessario se non indispensabile, per non vacillare e fare naufragio nella fede, specie nei momenti in cui la sempiterna luce della Chiesa è adombrata da carenze e pecche di alcuni suoi figli indegni e ingrati.

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