Vivere in grazia di Dio

"Per noi cristiani vivere in grazia di Dio e custodirla con cura e amore è e deve essere 
la prima e principale occupazione (e santa preoccupazione)"




Omelia della terza Domenica di Quaresima, anno A
Letture: Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2,5-8; Gv 4,5-42

La stupenda liturgia della Parola della terza domenica di Quaresima ruota attorno al grande tema della grazia di Dio, che altro non è che il dono dello Spirito in quanto infuso nel cuore di coloro che credono in Gesù Salvatore, per mezzo della quale è possibile vivere soprannaturalmente da veri figli di Dio, nell’osservanza dei divini comandamenti e nell’esercizio di tutte le virtù cristiane (teologali e cardinali). L’orazione colletta propria dell’anno A mette splendidamente in risalto questo tema centrale ponendo in bocca al celebrante queste eloquenti e significative espressioni: ”O Dio, sorgente della vita, tu offri all’umanità riarsa dalla sete l’acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore; concedi al tuo popolo il dono dello Spirito, perché sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore…”.
Il tema della grazia è differentemente ma in modo complementare affrontato da tutte e tre le letture di questa domenica.
La prima lettura presenta il celebre episodio di Massa e Meriba, luoghi della protesta e della ribellione di Israele, che minacciò di non fare più un passo in avanti nel deserto se Dio non avesse immediatamente soddisfatto la sete dovuta alla mancanza d’acqua. Mosè, su ordine dell’Altissimo, percosse la roccia con il bastone e da essa sgorgò acqua per gli Israeliti. Tale episodio fu interpretato in modo tipologico-allegorico non solo da svariati padri della Chiesa, ma già dall’apostolo Paolo che nella prima lettera ai Corinzi, alludendo a questo episodio, ricorda come gli Israeliti bevvero ad una medesima bevanda spirituale da “una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era Cristo” (1Cor 10,4). Dunque quell’acqua era prefigurazione della Grazia dello Spirito Santo e della roccia di Cristo.
Che Cristo sia la sorgente dell’acqua viva che zampilla per la vita eterna è chiaramente affermato da Gesù nel cuore del lungo discorso con la Samaritana, ossia l’odierna pagina evangelica. In questo episodio - oltre a contemplare la straordinaria “delicatezza pastorale” di Gesù nell’entrare in dialogo con una donna peccatrice (con alle spalle già cinque mariti) e in situazione di scisma nei confronti dell’ortodossia giudaico-israletica (tale erano i samaritani), portandola delicatamente a riconoscere il proprio peccato e aprirsi all’azione sanante della Grazia - la Chiesa intende proprio farci riflettere e considerare come il Signore Gesù sia l’unica e viva sorgente della Grazia divina, senza la quale non è possibile, come Lui faceva, vivere per fare e compiere in tutto la volontà divina (unica cosa che dà senso vero e pienezza autentica - oltre che gioia e felicità - alla nostra esistenza). La Grazia divina, come sappiamo, ci viene data attraverso i sacramenti (in particolare quelli che si possono ripetere, ossia la penitenza e l’eucaristia) ed un’intensa vita di preghiera. Sia dunque il tempo di Quaresima un tempo in cui imparare ad usare bene del sacramento della penitenza, ad accostarsi frequentemente e fruttuosamente all’eucaristia, a riprendere o cominciare a pregare con costanza, perseveranza, attenzione e profondità, per attingere a piene mani da questa inesauribile sorgente che zampilla per la vita eterna, ma a cui troppo pochi ricorrono per sfamare la profonda e inestinguibile sete di senso e di vita che il cuore di ogni uomo porta in sé.
Nell’epistola san Paolo ci ricorda che la divina Grazia, di cui Gesù era colmo come fonte inesauribile, si è comunicata a noi in forza del mistero della sua Passione e Morte e i primi grandi frutti che produce in chi la riceve consistono nella capacità di vivere secondo le tre virtù teologali che essa direttamente infonde: la fede, la speranza e l’amore di Dio (ossia la carità).
Per noi cristiani, l’essere in grazia di Dio, custodire la vita di grazia e crescere in essa, è, deve essere e sempre sarà la primaria delle nostre occupazioni e il primo dei nostri pensieri. Solo chi termina la vita “in grazia di Dio”, come la Chiesa da sempre insegna, raggiunge la meta della propria esistenza, ossia la salvezza dell’anima. Senza la grazia di Dio, anche se si possedesse il mondo intero a nulla gioverebbe, perché con la morte tutto si deve lasciare e se non si raggiunge la meta beata del Paradiso, l’esistenza va incontro al totale fallimento e naufragio. Attingiamo a larghi sorsi alla sorgente purissima che è Cristo e, nella misura in cui custodiamo la Divina Grazia, possiamo e dobbiamo non temere mai nulla né turbarci per nulla, né mettersi in pensiero o agitazione di nulla.

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